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“Il sonno serve”: parola di Intelligenza Artificiale 

Chi l’avrebbe mai detto? Al contrario di noi esseri umani, per i quali, fisiologicamente, il sonno è necessario e fondamentale, avremmo potuto pensare che le intelligenze artificiali non avessero mai bisogno di fare una siesta, un riposino. E invece… 

Le basi di uno studio in pubblicazione su PLoS Computational Biology hanno dimostrato come anche le reti neurali artificiali possano beneficiare di un momento di pausa, specialmente in un momento delicato e complesso delle loro attività legato alla sedimentazione e memorizzazione delle  informazioni trascritte fra una sequenza di apprendimento e l’altra. 

Ma vediamo meglio, insieme, come funziona questo procedimento. 

Intelligenza artificiale: a cosa serve il… “sonno?”

Per chi stesse leggendo questo articolo senza conoscere approfonditamente la materia trattata, facciamo un semplice e basilare riassunto per comprendere quello che sappiamo, ad oggi, sulle IA. 

Esse, del tutto in grado di riprodurre automaticamente una sequenza di informazioni e azioni, una volta memorizzata, con relativa facilità, sembrano però ancora deboli sull’immagazzinare una seconda sequenza di dati senza sovrascriverli sui primi e, di conseguenza, perderli. 

In poche parole, se insegniamo e istruiamo un AI al comando A, essa potrà impararlo e riprodurlo centinaia di volte in maniera perfetta e identica, ma quando andiamo ad immettere i dati per la sequenza B, essa non sa creare collegamenti rapidi, e memorie, ricordi, in modo da lavorare contemporaneamente su B senza perdere le nozioni legate al comando A. 

Quello che, dunque, è il valore aggiunto del cervello umano, ovvero la capacità cosiddetta “continua” di creare memorie e ricordi – anche e soprattutto nella fase del sonno – le IA non ce l’hanno, ed ecco che veniamo alla ragione di questo articolo. 

Il riposo fa bene anche alle IA: memoria e sonno

Gli studi e le ricerche compiuti sul sonno simulato delle IA, che hanno cercato di stimolare, in maniera caotica, le reti neurali assicurandosi che proprio nel momento di inattività venisse riprodotta – come accade a noi uomini nella fase REM mentre dormiamo – una serie di processi e attivazioni uguali a quelli posti in essere nel tempo dell’apprendimento, hanno anche dato qualche importante informazione aggiuntiva su quale sia il tempo migliore per riposare: non dopo due differenti sequenze, cioè prima il compito A, poi il B e allora il riposo, ma proprio fra le due sessioni di apprendimento. 

In poche parole, il “riposino” dell’IA dopo aver immagazzinato un set di dati e informazioni, sembrerebbe potesse aiutare la macchina a non dimenticarle e rimuoverle, una volta immessi anche i dati di una seconda e nuova sequenza. 

Si tratta, questa, di una ricerca e di un possibile sviluppo assolutamente importante e clamoroso nel campo dell’IA: se questi test venissero infatti confermati anche su sistemi di azioni più grandi e complessi, come quelli delle reti neurali di grandi aziende, potrebbe essere utile a perfezionare i risultati sull’addestramento delle IA e sulla capacità di apprendimento di informazioni e sequenze. 

Si tratterebbe, in altre parole, di una scoperta molto rilevante per gli studi futuri sulla robotica e numerosi altri campi di indagine.